La grande tragedia della vita non è che gli uomini muoiano, ma che cessino di amare.
(William Somerset Maugham)
Ho letto “Il velo dipinto” di William Somerset Maugham una
volta.
Poi, c’è stata una seconda; una terza e una quarta volta.
Sono fatta così: quando un autore m’intriga, devo
approfondire. Leggerlo e rileggerlo.
Fino alla nausea, se possibile.
Poi, sono passata a “La luna a sei soldi”e a “Ritratto di
un’attrice” e sono in attesa dell’arrivo de “I racconti dei mari del Sud”.
Il
mio obiettivo è quello di leggere l’ intera produzione di questo autore.
Non si è ancora capito che amo Somerset Maugham?
Ecco, lo riconfermo.
Un tocco, il suo, per le parole che s’imprime nella mente e
non se ne va più. La forza di una verità più grande intrappolata in uno stile
apparentemente semplice. Potremmo chiamarlo realismo, assenza di retorica. Semplicemente,
grande, grandissimo talento. Affabulatore Maugham, illusionista. Dietro la sua
ormai famosa tendenza alla struttura paratattica, c’è un’introspezione viva,
vibrante dei suoi personaggi tanto franchi quanto naturali, una tendenza che
prese da Maupassant.
Personaggi mai completamente buoni o completamente
cattivi. Fragili, fallimentari, umani.
Forse è proprio questo che ho apprezzato maggiormente in lui.
La poliedrica, e incendiaria, umanità dietro la perfezione della forma.
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