mercoledì 17 agosto 2011

Rocce

Deserto. Nell’anima mi perdo, senza destinazione.
L’occhio lacrima al riverbero. Il sole: accecante.
La pelle il vento accarezza; d’istinto represso il cuore sanguina.
Cerco.
Sulla linea dell’orizzonte, un avvallo di roccia, seni di donna. Ricorda i miei.
Avanzo, fronte alta.
Respiro: Il buio della grotta. Anelli di gechi sulle pareti di un chiazzato biancore.
Rocce. Il tocco riscopre la primordiale poesia. Umida, densa, parafrasi di vuoto. Eppure, il tepore mi avvolge.
Anfratti arcaici si mostrano. Raccolgo la sfida di muta purezza. Sento il grido della civetta. La notte. E’ qui.
Sdraiati, sussurra, dimentica. Sciogli i capelli.
Srotolo: groviglio di seta lambisce i fianchi. Io, la figlia, madre matrigna, il peso ho portato per ogni peccato. Dolore.
Strappo sul fianco: corona di spine.
Le palpebre si chiudono: la visione incalza. Nuda mi ergo su foglie caduche, tra case antiche con occhi aperti.
Ombre. Grido di creazione. Partorirai e soffrirai… Eco di condanna, senza requie.
Caduta sulla terra, donna tra le donne, viaggio sul baratro che scinde luce e oscurità. Non odo più il verso della civetta.
Sfiorato dal giorno, il filo dei pensieri si spezza. Lascio la grotta alle spalle.
Davanti al mio sguardo, il verde (acerbo) contamina. Linee tracciano disegni contro il cielo diafano. Tronchi contorti, chiome spettinate. Capelli come crine di puledra contro il blu. Baluardo femmineo, prisma di cuore.

Dischiudo le braccia. Il sole implode. Io sono una e trino, madre terra, Salomè e Betsabea. Sono guerriera, tessitrice di vita, creatrice e puttana.
Sono amore e disperazione, leggerezza e poesia. Sono la genie primaria che ha accolto il peccato. Strega e suora, ancella e imperatrice. Primordiale Agrippina, di sensi incestuosa. Demone e angelo. Falco e colomba.
Fine e iniziazione, morte e resurrezione.
Il principio di ogni donna.
Chador di catene, buio velato. In mezzo alla piazza, il pugno alzato. Gocce, germogli, rivolta e terrore. L’uomo incombe portando clamore.
Collant. Strappati. Fuoco e sudore. Vergogna mi copre, il mio Io s’impone.
Sono deserto. Sono roccia. Fiore.
Sono rugiada, preghiera di candore. Il giglio all’inferno, che supplica onore.
Sono in ognuna e ognuna ha il mio nome. Sento la brezza declamare il clangore.
China, umiliata, radici di quercia. Né mai fui doma, e mai sarò repressa.
Vita. La sabbia scivola.
Bisanzio e il suo oro, Teodora, e sia.
Gatta bastarda, venditrice d’amore.
Io sono Eva, per errore di onniscienza.

Nessun commento: